Il bisogno di potere consiste nell’esigenza di esercitare — ovunque sia possibile— la propria influenza e il proprio controllo sulla condotta di altre persone. Chi ha un forte bisogno di potere, cerca di occupare posizioni di comando e di concentrare l’attenzione altrui su di sé. Non teme il confronto né la competizione. Non esita di fronte a quelle situazioni, spesso rischiose, da cui può risultare un aumento del proprio potere e prestigio. Il bisogno di potere si manifesta quindi con un atteggiamento positivo nei confronti dei mezzi che favoriscono la manipolazione e il controllo delle decisioni dell’altro. Tale bisogno nascerebbe da uno stato di disagio e d’insicurezza interiore che si placa soltanto attraverso la strumentalizzazione degli altri, al fine di dimostrare pubblicamente la propria capacità di dominio sociale.
Nelle culture orientali si accetta e si ritiene legittima la distribuzione diseguale delle risorse dr potere (concezione gerarchica della società). Per contro, nelle culture occidentali si ritiene illegittima e si tende a rifiutare una distribuzione diseguale del potere (concezione democratica della società). n queste ultime culture, da anni si insiste sulla politica delle «pari opportunità», così come si è creato il mito del self-made-man.
La relazione di potere
Il potere può anche essere concepito come una relazione fra A e B, definita dalla presenza di alcuni aspetti:
a) le risorse possedute da A;
b) l’asimmetria (nel senso di A «maggiore di» B);
c) la sfera del potere (di solito, il potere di A su B riguarda certi ambiti dell’esistenza, non tutti);
d) la creazione di aspettative (A ha potere su B, se B si aspetta che, adeguandosi ad A, ottenga dei vantaggi; oppure che, rifiutando le indicazioni di A, vada incontro a sanzioni). In questa prospettiva, il potere può essere definito come una relazione asimmetrica, riguardante ambiti specifici, nella quale A, in virtù delle risorse che si presume disponga, appare in grado d’indirizzare e di modificare in modo intenzionale la condotta di B verso la realizzazione dei propri obiettivi. Pertanto, la relazione di potere, pur essendo asimmetrica, è caratterizzata dalla bidirezionalità: se è vero che A influenza B, è altrettanto vero che B influenza A.
Inoltre, la relazione di potere è frutto di un processo di percezione sociale, in quanto è attribuita ad A una quantità di risorse (conoscenze, ruolo, presa di decisione ecc.) superiore a quella di B. Su questa base la relazione di potere è caratterizzata da una forma intrinseca d’instabilità, poiché è un continuo oggetto di contrattazione, di negoziazione e d’influenzamento reciproco. Per sua natura, la relazione di potere è «polemica», luogo di scontro, di contesa e di rivalità fra gli individui o i gruppi. Data la sua instabilità intrinseca, la relazione di potere rimanda al concetto di coercizione e di costrizione; ma, nel momento stesso in cui il potere diventa coercizione (dittatura), va incontro al proprio fallimento e alla propria distruzione (paradossalità della relazione di potere).
Potere e leadership
La leadership, intesa come attività di comando, prevede di occupare una posizione sociale in grado di prendere decisioni nei confronti degli altri e di dirigere le loro azioni verso un certo traguardo. In psicologia si è soliti distinguere fra diversi stili di leadership: autorita-rio (accentratore e verticistico), democratico (partecipativo e condiviso) e permissivo («laissez faire», di delega totale). Ogni stile ha vantaggi e svantaggi e non esiste in assoluto uno stile migliore dell’altro. Infatti, la leadership non va considerata in astratto e fuori da ogni contesto, ma va sempre riferita a una determinata situazione e al grado dí maturazione psicologica e professionale dei collaboratori (concetto di leadership situazionale). Di conseguenza, in funzione del momento, delle condizioni generali e del contesto diventa opportuno uno stile di comando piuttosto che un altro. Parimenti, in psicologia si è proceduto alla distinzione fra due profili di leader: il leader funzionale e il leader socioemotivo. ll primo è centrato sul raggiungimento degli obiettivi e sulla realizzazione dei compiti; è attivo e dinamico; possiede idee e strategie per la soluzione dei problemi e per il successo del gruppo. Per contro, il secondo è impegnato a mantenere la coesione del gruppo; si impegna a favorire i rapporti interpersonali; propone soluzioni di conciliazione in caso di conflitto ed è pronto alla negoziazione e a rafforzare il senso di appartenenza del gruppo.
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