Sono sempre di più le persone che hanno la “fobia” di sottoporsi a interventi chirurgici cercando metodologie diverse, meno invasive, senza aghi e con meno rischio di complicazioni. La situazione è abbastanza delicata e non sempre attuabile. Ad esempio, il ringiovanimento della zona del viso e del collo è stato tentato con diverse tecniche non chirurgiche con risultati soddisfacenti ed ha acquistato un’importanza particolare con l’avvento del cosiddetto lifting “lunch-time”. Prima, lo standard di cura prevedeva l’asportazione chirurgica di una parte di tessuto per il “sollevamento” del viso, ottenendo dei risultati sorprendenti nella zona viso-collo. Adesso, invece, si va ad agire sui vettori essenziali del viso per una corretta elevazione dei tessuti molli, riposizionandoli in una direzione verticale più logica e procedendo con una tecnica minimamente invasiva a vantaggio di un modesto miglioramento cosmetico.
Il ringiovanimento non chirurgico attraverso la massimizzazione volumetrica con diverse tipologie di intervento, comprese le iniezioni di contorno con gel o grasso, ha contribuito alla nascita della “terza dimensione” del ringiovanimento del viso.
Le conseguenze della tecnica non-chirurgica
Ricorrere alla tecnica non invasiva apporta numerosi e gradevoli vantaggi sotto il profilo estetico, ma l’intervento per il ringiovanimento dei tessuti molli deve essere eseguito da mani esperte per non “imbattersi” in difetti estetici vistosi, come contorni innaturali o avere il centro di gravità del viso verso il basso. Eseguire un peeling, o fare uso di tecniche “resurfacing” ablative e non, permetterà di ottenere un miglioramento cutaneo superficiale ma non un sollevamento dei tessuti ptosici sottostanti. Una buona tecnica per ottenere un aspetto più giovanile e sano è sicuramente la biostimolazione.
La biostimolazione e il suo funzionamento
La biostimolazione è un programma di ringiovanimento ad ampio raggio, utile per ridare vigore e lucentezza al proprio viso. Consiste nell’iniettare nel derma una sostanza in grado di stimolare la produzione di nuovo collagene e tessuto connettivo. Lo scopo di tale procedura è di migliorare l’elasticità e il vigore della pelle, aumentandone la compattezza e l’azione anti-radicale.
Esistono numerose tecniche di biostimolazione: plasma ricco di piastrine (PRP), acido jaluronico, acidi nucleici, silicio organico e molti altri. La biostimolazione provoca una variazione funzionale delle cellule nel tessuto con conseguenze sia positive che negative. Alcune biostimolazioni producono fibrosi dermica dovuta a un’eccessiva quantità di collagene di tipo I, causando alterazioni degli scambi metabolici nella pelle. Nonostante queste complicazioni, l’effetto che viene fuori ha un fattore positivo: la fibrosi fa si che il derma si ritiri, creando un effetto lifting sulla pelle.
Questa miglioria, però, non “sfugge” al naturale invecchiamento biologico e comporta una perdita della funzione del tessuto. Per ottenere un risultato positivo, le fibre di collagene devono essere di tipo III. Tutto ciò si traduce in un miglioramento dell’aspetto estetico della pelle ma, soprattutto, in una compattazione e irrigidimento delle fibre di collagene dovuto all’effetto di retrazione.
In sostanza, la biostimolazione produce risultati soddisfacenti il cui obiettivo primario è indubbiamente il miglioramento estetico ma con l’aggravante di lievi danni funzionali allo scambio cellulare.
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