La connessione tra numeri e pensiero religioso è una questione vecchia quanto il mondo. Alla radice di tutto si può vedere quell’arcana ricerca della verità che scandisce il cammino di ogni uomo nella storia. Tutte le grandi religioni conservano e tramandano una riflessione numerologica, poiché essa fa parte di quella memoria che fonda e giustifica il presente. Tuttavia, il cristianesimo, a partire dall’accettazione della fede in Cristo, ha maturato una sua teoria riguardo “i numeri”, ponendoli essenzialmente all’interno di un duplice sguardo di scienza e di sapienza.
Da una parte si è interessato al mondo dei fenomeni, leggendoli però a partire da un “Logos” creatore. C’è qui il desiderio di governare le cose del mondo in vista di una buona vita. Tale desiderio ha prodotto nel tempo ciò che noi oggi chiamiamo scienza. Essa vive di numeri, poiché le permettono di catturare, esibire e condividere con precisione fenomeni ed esperienze.
I numeri però non sono tutto, noi abbiamo bisogno anche di parole e immagini che nell’insieme costruiscono efficacemente la nostra visione del mondo. Infatti, oltre che “quantità” e “ordine” noi cerchiamo “senso” e “valori” per la vita. C’è, poi, un oltre, un non ancora visibile – che però con l’aiuto della scienza può o potrebbe apparire ai nostri occhi – e infine, per i credenti, c’è un invisibile per essenza. I cristiani – ma non solo loro – lo identificano con Dio e la sua azione nel mondo. In questa visione la scienza non è l’ultima e l’unica parola sul mondo, poiché questo Oltre richiede un altro tipo di pensiero, richiede una sapienza. Insomma dire “come” stanno le cose tramite una pura ragione calcolante è il primo passo verso il loro “perché” e con ciò giungere ad una saggezza più completa più umana.
Agostino d’Ippona prima, e Galileo, poi, avevano per vie diverse affermato che: Il libro della natura è scritto con linguaggio matematico, per cui i numeri divennero chiavi di accesso al reale in un duplice modo. Così, seguendo Galileo, i numeri diventano strumenti di precisione che, catturando quantità, successione dei fenomeni e ordine degli stessi, ci hanno permesso di dialogare con il mondo che ci circonda e di scoprire i suoi segreti, permettendo che le immense energie presenti in esso siano a nostra disposizione. Ma seguendo Agostino, i numeri hanno una diver-
sa lettura, essi sono divenuti potenti strumenti simbolici. Senza perdere la loro concretezza e precisione dispiegano nella Bibbia un ulteriore significato. Ciò è dovuto in larga parte alla forma di interpretazione affermatasi lungo i secoli che coglie nelle parole, nei fatti e nei numeri una sapienza nascosta più profonda.
Così, per esempio, numeri come 1 ,3, 7, 6, I 2, ci consegnano nuovi significati. 1 è l’unità divina, mentre il dualismo oppositivo è il 2 inteso come grazia e peccato, puro ed impuro, vita e morte, ecc. Il 3 invece è perfezione perché Dio è trinitario, il 7 è visto come pienezza della grazia donata – 7 sono i sacramenti, 7 i giorni della creazione compiuta, mentre il 6 indica l’incompletezza, l’imperfezione. A questo proposito bisogna ricordare che il famoso 666 indicherebbe nella Bibbia la massima imperfezione. Infatti ripetendo 3 volte il 6 avremmo come risultato la perfezione – simboleggiato dal numero 3 – dell’imperfezione che è il numero 6. Per questo 666, secondo Apocalisse (13,18), è il nome della Bestia, cioè satana. Un caso tipico di linguaggio simbolico è il 12 con i suoi multipli, che indica l’interezza del popolo di Dio, poiché 12 sono gli apostoli e 12 le tribù d’Israele che formano l’intero popolo di Dio. In Apocalisse (7,1) troviamo l’intreccio di 12x 12x 1000 che ha come risultato 144000.
Qui appare un tipico caso in cui la numerazione è profondamente simbolica: il testo vorrebbe indicarci non un numero limitato, ma l’immensa schiera dei salvati che non si possono contare. Apocalisse dice che i salvati sono 12000 per ognuna delle 12 tribù d’Israele, cioè 12x 1000 e poiché 1000 come multiplo di 10 indica l’abbondanza della benedizione di Dio (cfr. Mt 19,29), allora ci troveremmo davanti a moltissime persone. Esistono poi altri numeri poco conosciuti come il 4, che dice l’universo biblico – 4 sono gli angoli della terra o i punti cardinali, il 40 invece può significare tempo di prova, di preghiera, di insegnamento perché 40 sono gli anni nel deserto in cui il Signore mise alla prova Israele, e 40 sono i giorni del digiuno di Gesù prima della sue tentazioni, 40 sono anche i giorni trascorsi dal Risorto prima di ascendere cielo assieme agli apostoli per completare il suo insegnamento (cfr. At 1,3). Insomma tutta la numerologia biblica assomiglia in alcuni momenti al cannocchiale galileano che ci avvicina a ogni realtà fisica mentre in altri ad Agostino che invece guarda il reale nella luce del creatore. Così ogni numero è un ponte verso l’invisibile, l’accesso a una sapienza originaria.
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