Il linguaggio è un dispositivo specifico. Esso serve a elaborare, organizzare e trasmettere conoscenze fra i partecipanti all’interno di una data comunità. Esso assume quindi una funzione proposizionale, poiché le conoscenze non rimangono a uno stato indeterminato e vago ma sono raccolte, organizzate e veicolate sotto forma di proposizioni. In questo senso il linguaggio consente di organizzare e di comunicare il pensiero, poiché gli fornisce una forma comprensibile da parte degli altri.
Il linguaggio si presenta come un sistema di simboli in grado di generare un numero illimitato di parole, di frasi e di discorsi. Si tratta di simboli arbitrari e convenzionali, prodotti all’interno di una certa comunità di parlanti. Su questa base si forma nel tempo una data lingua naturale intesa come un sistema di differenze di suoni combinati a un sistema di differenze di significati. Il linguaggio, in quanto tale, è caratterizzato dalla composizionalità, ossia dal fatto di essere costituito in modo ricorsivo grazie a unità componibili Per quanto concerne i suoni, abbiamo i fonemi, ossia i suoni che hanno un valore linguistico e che svolgono una funzione distintiva (o diacritica come /b/ e /p/ in bere e pere). Stringhe di fonemi formano i morfemi che sono le unità linguistiche minime dotate di significato (come tavol- che è la radice di parole come tavolo, intavolare ecc.). Il contenuto semantico di un enunciato dipende sia dalla disposizione globale sia dal valore semantico delle sue unità costituenti. Per esempio, il significato di Eugenia guardava il piccolo Cesare dipende sia dal valore sia dall’ordine delle singole parole. Tale significato è totalmente diverso se si inverte la struttura delle parole come in II piccolo Cesare guardava Eugenia. Parimenti non si ha nessun significato se non si rispetta l’ordine sintattico come in Guardava piccolo iI Eugenia Cesare. La composizionalità del linguaggio comporta alcune proprietà quali:
a) la sistematicità, in quanto ogni linguaggio è regolato da una struttura sintattica e, di conseguenza, gli enunciati di una data lingua non sono componibili in modo arbitrario ma solo seguendo le regole sintattiche previste da tale lingua;
b) la produttività, poiché il linguaggio permette di generare e di comprendere un numero infinito di significati, in grado — a loro volta — di generare e di comprendere un numero infinito di enunciati;
c) la possibilità di dislocazione, in quanto la referenza spaziale o temporale cui un dato enunciato si riferisce, può essere diversa da quella in uso durante l’enunciato medesimo come in Ci vediamo martedì prossimo davanti all’università (enunciato detto al bar). La composizionalità del linguaggio e la sua natura proposizionale sono strettamente legate alla capacità computazionale della mente umana, ossia alla disposizione generale della mente a procedere nei confronti della realtà con calcoli, a confrontare elementi e a cogliere le differenze fra essi esistenti, a disporre gli oggetti in ordine e categorizzarli in un sistema coerente di categorie. Tale computazionalità del pensiero è alla base della natura proposizionale del linguaggio.
Gli universali linguistici di Chomsky
Per spiegare la natura specie-specifica del linguaggio, Chomsky ha sviluppato una teoria della grammatica universale (o generativa) che, unendo la fonologia e la morfologia alla sintassi, si propone di descrivere la grammatica di qualsiasi lingua naturale sulla base di un insieme limitato di regole. Tale teoria presuppone l’uniformità della competenza linguistica e l’omogeneità dei processi linguistici negli esseri umani sulla base del cosiddetto organo del linguaggio, geneticamente definito ed ereditario (concezione innatista). Per verificare questa ipotesi Chomsky si è servito di un metododormale, che, senza fare riferimento alcuno al significato, ha utilizzato la grammatica come se fosse un calcolo matematico in grado di generare una lingua nelle sue infinite espressioni a partire da pochi elementi semplici. In particolare, egli ha sostenuto i seguenti principi.
1. La lingua (al pari della matematica) è un insieme infinito di frasi.
2. La frase, in quanto unità fondamentale, è costruita a partire da un insieme finito di elementi o alfabeto (presupposto formale e composizionale).
3. Tale alfabeto è composto da elementi primitivi (come i fonemi, i moro femi, le parole ecc., presupposto elementarista).
4. La grammatica è un sistema astratto di regole che generano frasi unicamente equivalenti fra loro.
5. La grammatica è indipendente sia da ogni altro sistema cognitivo sia dalla semantica (supremazia della sintassi).
6. Esistono due livelli di rappresentazione della frase (la struttura superficiale e la struttura profonda), e una serie di trasformazioni consente di passare da una struttura a un’altra.
7. L’interpretazione semantica delle frasi è basata soltanto sulla loro struttura superficiale.
8. I processi mentali che sono alla base della grammatica sono quelli dell’astrazione e del ricorso a modelli ideali.
All’interno di questa impostazione Chomsky, ispirandosi a de Saussure, ha distinto fra competenza e prestazione. La prima (detta anche «lingua internalizzata») descrive la capacità generale di usare una certa lingua e implica una conoscenza perfetta della lingua stessa posseduta da un parlante ideale. La seconda (chiamata anche «lingua esternalizzata») riguarda invece l’impiego concreto e contingente di tale lingua in una data situazione. Parimenti, riprendendo una proposta di Whorf, Chomsky ha distinto fra struttura superficiale e struttura profonda di una certa lingua. La prima concerne l’articolazione apparente e acusticamente percepitile di una frase, mentre la seconda riguarda la categorizzazione linguistica non è direttamente percepibile ma comunque necessaria per spiegare la struttura superficiale. Il pensiero di Chomsky, che ha segnato una svolta profonda nello studio della lingua, non è esente da critiche. La più importante concerne anzitutto il fatto che finora la linguistica comparata non ha ancora trovato metri teorici soddisfacenti per definire ciò che nelle 6.000 lingue naturali oggi esistenti corrisponde a «soggetto» e a «oggetto» o anche a «nome» e a «plurale».
Di conseguenza, risulta impossibile confrontare le categorie linguistiche senza una «metalingua» che stabilisca a priori le necessarie distinzioni. In secondo luogo, è stato rimproverato a Chomsky il suo rifiuto ad affrontare il livello psicologico e sociologico dei processi linguistici. Il suo modello «matematico» della lingua appare un esercizio astratto sulla «logica» della mente umana, fuori da ogni riferimento contestuale e da ogni verifica empirica (è la cosiddetta «lingua che non serve a comunicare»).
La relatività linguistica
Diversamente dalla posizione innatista, la concezione della relatività linguistica sostiene che il linguaggio influenza il modo con cui noi pensiamo. In particolare, secondo Sapir e Whorf le strutture semantiche delle diverse lingue sono fra loro incommensurabili e, di conseguenza, i parlanti elaborano dei modi di pensare diversi fra loro e giungono a una differente visione del mondo. Si tratta dell’ipotesi del determinismo linguistico secondo cui la lingua determinerebbe le forme del pensiero dei parlanti nei riguardi della loro esperienza. Nella sua versione forte tale ipotesi sostiene che i concetti possono essere concepiti soltanto se sono formulati attraverso il linguaggio; per contro, nella sua versione debole si ritiene che i concetti codificati attraverso il linguaggio sono favoriti in quanto più accessibili e più facili da ricordare. Indubbiamente, la versione forte del determinismo linguistico è insostenibile, poiché il pensiero è assai piu complesso di ciò che il linguaggio può esprimere. Invece si sono accumulate numerose prove empiriche a favore della versione debole della relatività linguistica. Infatti, un conto è un’esperienza non lessicalizzabile e un conto è un’esperienza lessicalizzabile. Per esempio, l’organizzazione mentale dello spazio è fortemente influenzata dalle categorie linguistiche a propria disposizione; parimenti il lessico emotivo è assai diverso fra le lingue naturali e inevitabilmente va a influenzare le esperienze emotive provate dai vari soggetti. In tal modo, nell’apprendere una lingua, un bambino impara modi particolari di pensare e di sentire per parlare.
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