Era il 20 maggio 1927 quando Charles Augustus Lindbergh attraversò senza scalo l’oceano Atlantico in solitaria a bordo del Ryan “Spirit of St. Louis”. L’impresa nacque per vincere i 25 000 dollari del premio messo in palio nel 1919 da Raymond Orteig, proprietario dell’Hotel Lafayette di New York, per il primo volo non stop New York-Parigi (o viceversa). Il fatto che ci vollero 8 anni per poterlo assegnare la dice lunga su quali erano le sfide da superare in una simile impresa. A quei tempi l’aviazione era già uscita dallo stadio embrionale, e la sua tecnologia era andata oltre la grande spinta allo sviluppo impressa dal primo conflitto mondiale. L’aereo di Lindbergh era un monoplano, formula che si sviluppò solo dopo la guerra. Erano molteplici i problemi da superare per realizzare l’impresa: dall’affidabilità del mezzo (fondamentale per attraversare un oceano), alla capacità di effettuare una navigazione precisa, passando per le caratteristiche fisiche richieste al pilota, visto che Lindbergh intendeva compiere il volo da solo (sebbene il premio non fosse riservato ad equipaggi singoli). Pur essendo un illustre sconosciuto,Lindbergh poteva vantare come credenziali di essere un ottimo pilota di voli postali. Oltre a impiegare i suoi risparmi trovò finanziatori nella sua stessa città di origine (St.Louis) e l’azienda Ryan accettò di progettare appositamente un velivolo (denominato Ryan NYP, da New York-Paris) nel tempo record di due mesi. Il progetto si basava parzialmente su un precedente modello, l’M-2, tanto che per guadagnare tempo la sezione di coda fu copiata integralmente dando al velivolo una certa instabilità sui 3 assi, cosa che Lindbergh apprezzava poiché lo costringeva a una maggiore vigilanza durante il volo, impedendogli di assopirsi.
Il serbatoio principale era posto di fronte al pilota (e non dietro) in modo da evitare di schiacciarlo contro il motore in caso di incidente. Questa scelta, unita a una ricerca di aerodinamica molto avanzata per l’epoca, portò a non avere visibilità anteriore ma solo laterale: era necessario provocare una scivolata, d’ala per poter vedere in avanti dai finestrini laterali. C’erano altri serbatoi in fusoliera e nelle ali (soluzione non comune per quei tempi) per un totale di 1700 litri. Il NYP pesava 975 chilogrammi a vuoto e 2330 al decollo ed ai tempi costò 10 850 dollari. Il motore, un Wright J-5C Whirlwind, 9 cilindri stellare raffreddato ad aria di 12,9 litri di cilindrata che erogava una potenza di 223 Hp, fu scelto per la sua già ben conosciuta affidabilità e ad esso venne aggiunto un sistema di ingrassaggio supplementare per garantire un funzionamento continuativo di almeno 40 ore. La strumentazione era standard (poverissima, se vista con gli occhi di oggi) e neppure molto affidabile. Sostanzialmente un progetto per diversi aspetti innovativo, ma neppure totalmente rivoluzionario. L’aereo fu consegnato il 28 aprile 1927, meno di un mese prima dell’impresa. O Vennero effettuati voli di prova, ma non molti. La sfida, una volta risolto (per quanto poco significativo poteva essere il termine “risolto” in un simile contesto) il problema delle caratteristiche della macchina da utilizzare, verteva quindi sulle altre difficoltà che si sarebbero incontrate nell’impresa: la navigazione, la meteorologia e la fisiologia del pilota. Indubbiamente Lindbergh aveva delle qualità, come pilota, peculiari e non diffusissime: era un abile navigatore (grazie alla notevole esperienza acquisita con i voli postali), istruttore di volo e ufficiale della riserva aeronautica americana.
Il volo di Lindbergh
Certo Lindbergh non mancava di fiducia nelle sue possibilità e in quelle del mezzo: altri 6 aviatori (tutti di comprovata abilità ed esperienza) erano già periti nel tentare la sua stessa impresa. Il velivolo decollò ai limiti delle possibilità di carico, oltre 1700 litri di carburante, da un campo reso fangoso dalla pioggia, sorvolò i cavi del telegrafo che si trovavano in testata pista con soli 6 metri cli margine alle 7:52 del 20 maggio 1927. Gli strumenti di navigazione disponibili utilizzati per la trasvolata erano una bussola a induzione magnetica (azionata da un generatore messo in rotazione dal flusso dell’aria esterna, più precisa e stabile di quella tradizionale ma molto delicata (infatti si guastò durante il volo) e una normale bussola, un cronometro, un mirino da bombardiere e un orologio. Sembra impossibile, ma quando l’aereo arrivò a sorvolare la costa irlandese, si trovava a meno di 5 km dalla posizione alla quale aveva previsto di trovarsi dopo aver attraversato l’Atlantico. Tenuto conto che il volo si realizzava su una superficie sferica, due erano le possibili rotte: quella lossodromica, che implica l’attraversamento dei meridiani con angolo costante (come suggerirebbe una bussola) ed è la più facile da condurre, oppure l’ortodromica, la quale, utilizzando un cerchio massimo, implica una piccola ma costante variazione di rotta (quindi è più difficile da seguire). Per brevi tragitti (ad esempio all’interno del Mediterraneo) non vi è sostanziale differenza tra questi due tipi di rotte, mentre su grandi tragitti, come l’attraversamento di un oceano, la differenza si fa sentire: nella tratta generica New York-Parigi la lossodromica è di 6092 km, mentre l’ortodromica è di 5837 bn, una bella differenza se si tiene conto della spasmodica necessità di risparmiare carburante e tempo, esigenza fondamentale per la riuscita dell’impresa. Lindbergh scelse l’ortodromica, scelta quasi obbligata, nonostante i numerosi svantaggi pratici. Esisteva poi un altro motivo, meno importante, per questa scelta: l’ortodromica e una rotta che, proiettata su un piano, sembra una curva con la concavità rivolta verso l’equatore. Seguendola, nella prima parte della tratta avrebbe sorvolato la Nuova
Lindbergh In posa vicino allo “SpIrit of St. Louis” Scozia e Terranova, facilitando la gestione di un’eventuale emergenza. Il volo, che durò 33 ore e mezza, costrinse Lindbergh ad affrontare formazioni di ghiaccio, variazioni di quota per evitare temporali e zone Con scarsissima visibilità. Non certo un volo tranquillo, visto che- — in mancanza di autopilota — l’aereo fu pilotato manualmente per tutto il viaggio. Lindbergh non disponeva. di carte specifiche per individuare il luogo cli atterraggio, semplicemente sapeva di trovarsi a una decina di chilometri a nord-est di Parigi, e infatti inizialmente pensò di individuarlo in quella che invece era un’area industriale. Riuscì infine a trovarlo, mentre in città si era sviluppato un enorme ingorgo causato dal traffico di coloro che si recavano all’aeroporto per accoglierlo. Ci andarono 150 000 persone, e non fu facile per le forze dell’ordine districarsi nella confusione. L’imptya fu certificata dalla FAI, Federazione Aeronautica Internazionale, il 31 agosto con una distanza di 5 809 km: una nuova era nell’aviazione era iniziata.
Eccezzionale