Chi di noi non si è sentito Fantozzi? Non è mai troppo tardi, però, per imparare e farsi rispettare. Tutto sta nell’essere gentili ma fermi, pronti ad affrontare i conflitti e capaci di dire no.
Siamo un po’ tutti Fantozzi. Il personaggio interpretato da Paolo Villaggio rappresenta bene un comportamento che chiunque di noi ha sperimentato almeno qualche volta nella vita: quello di chi si fa mettere i piedi in testa dagli altri, e cioè che per paura o incapacità finisce col subire i soprusi di colleghi, amici e familiari. Non è una bella sensazione perché il rispetto è fondamentale per tutti. Alcuni anni fa, in un articolo pubblicato da Psychological Science, lo psicologo Cameron Anderson della Haas School of Business presso l’Università della California a Berkeley (Usa) aveva indagato il tema. «L’interesse è nato dagli studi che mostrano come a un buono status socioeconomico, determinato da reddito e livello culturale elevati, non corrisponda necessariamente la percezione soggettiva di benessere e felicità».
È il rispetto che ci rende felici
Con un’indagine svolta in diversi momenti su gruppi di volontari, Anderson e colleghi avevano dimostrato come sia piuttosto la percezione di essere rispettati e ammirati il fattore chiave, ben più del semplice benessere economico. «Una delle ragioni per cui i soldi non fanno la felicità», spiega lo psicologo, «è che ci si fa l’abitudine velocemente. Chi vince alla lotteria, ad esempio, è inizialmente felice, ma torna alla normalità rapidamente». Gli studi dello psicologo americano dimostrano invece che ciò non capita con il rispetto. Ma come guadagnarsi quello di chi ci sta attorno? Imponendoci con i nostri bisogni nel modo giusto: «Imparare a farsi valere in maniera educata e gentile significa mantenersi rilassati, apparire sicuri di sé ed esprimersi in maniera chiara senza risultare aggressivi nei confronti dell’altro». Lo scrive la divulgatrice, psicologa ed esperta di comunicazione tedesca Barbara Berckhan in Piccolo manuale per non farsi mettere i piedi in testa. Il volume illustra tutti quei comportamenti che ci evitano la sorte di Fantozzi.
Atteggiamenti che possono essere riassunti nella sicurezza in noi stessi. «Se una persona sa di saper fare bene una certa cosa, anche il più abile denigratore non avrà terreno semplice su cui muoversi», spiega ad Ahrme lo psicologo e psicoterapeuti Gennaro Romagnoli, autore del blog psicologianeurolinguistica.net «Quindi un buon consiglio è quello di avere ben chiari le nostre competenze e il nostro valore personale. Inoltre, conoscere i propri valori, cioè perché facciamo quello che facciamo, è alla base dell’autostima ed è uno dei metodi migliori per imporci, evitando di farci mettere i piedi in testa».
Alla larga dai repressi passivi-aggressivi
Attenzione però: imporsi richiede di trovare la giusta distanza. «Occorre comportarsi con garbo ed eleganza, anziché strepitare e dare spettacolo», aggiunge Berckhan. «Significa comunicare in modo diretto e chiaro, anziché rimanere passivi e bloccati». Consce di comportarsi troppo spesso in modo fantozziano, alcune persone esagerano infatti nell’altro senso: sono le personalità passivo-aggressive. «Questi soggetti avvertono la difficoltà di confrontarsi in modo paritario con gli altri e non hanno il coraggio di manifestare apertamente le proprie posizioni perché si ritengono una nullità», ci spiega Bruna Ferrarese, formatrice nell’am-bito delle risorse umane e autrice dell’ebook Comunicazione assertiva. A differenza della persona semplicemente passiva, quella passivo-aggressiva adotta la strategia dell’attacco subdolo: «Sul lavoro, ad esempio con un’apparente accettazione delle richieste altrui, che però si traduce in ritardi o assenze nei momenti cruciali che possono causare difficoltà al superiore». Per evitare questi atteggiamenti occorre invece saper dosare la presenza degli altri nella nostra vita senza temere di opporre un rifiuto motivato e costruttivo. Come? «Usando una buona conflittualità», ha spiegato in un’intervista Io psicologo Paolo Ragusa, autore di Imparare a dire no e vice-presidente del Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti. «Quello che io chiamo il “no conflittuale” è un eccellente regolatore della distanza e della disponibilità: non si tratta di negarsi all’altro, ma di scegliere che cosa portare avanti con l’altro e che cosa da soli». Talvolta invece scegliamo di comportarci da piccoli Fantozzi perché non abbiamo il coraggio di affrontare il conflitto.
Davvero troppo buoni?
La giusta via di mezzo è invece l’atteggiamento assertivo, quello cli chi si fa valere senza aggredire. «In generale gli assertivi sono persone naturalmente gentili perché ispirano le proprie relazioni al pieno rispetto reciproco e sono molto chiare nell’esprimere le loro posizioni, desideri e obiettivi», spiega Ferrarese. «I troppo buoni, invece, accettano ogni richiesta sacrificando il proprio tempo o la realizzazione dei propri progetti perché temono di compromettere la relazione ed essere giudicati egoisti». La loro disponibilità, però, non è quasi mai autentica. Di conseguenza si lamentano di continuo dell’insensibilità degli altri, senza far nulla per modificare la situazione.
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